Il nostro primo racconto ci porta direttamente nel cuore della tradizione pugliese, origini lontane e quasi dimenticate. Cosa ci fa il culto pagano della dea Demetra nella nostra tradizione? Bhe, a dir il vero davvero tanto! Ma chi era Demetra?
Demetra, figlia di Cronos e di Rhea Cibele, che i romani identificarono con la loro Cerere, era la dea dell’agricoltura, una delle divinità maggiori e più venerate. Demetra, era la dea dei campi e delle messi, in greco appunto significava “la madre Terra“, come tutti i contadini aveva un carattere semplice, di morale ineccepibile, di costumi austeri; veniva venerata come madre benigna e affettuosa. Proteggeva tutti i prodotti agricoli, ma in particolar modo quelli ritenuti più importanti, le biade e i cereali. Il suo culto era molto diffuso in Tessaglia, nella Beozia, nell’Attica, a Corinto e in tutto il Peloponneso fino ad arrivare in Sicilia, che per la sua fertilità divenne la dimora preferita dalla dea. Aveva una figlia avuta da Zeus, Persefone, per i romani Proserpina.
Famoso è il mito del ratto di Persefone. Demetra veniva raffigurata come una matrona severa e maestosa, ma anche bella ed affabile, con una corona di spighe in testa, una fiaccola in una mano e nell’altra un cesto di frutta. Le venivano sacrificati buoi, mucche e maiali, e le si offrivano frutta e miele. Le erano sacri i papaveri, gli alberi da frutta e le spighe. La storia prende proprio piede dal papavero, infatti in diverse aree del Salento, del tarantino e della Puglia, sono rimaste molto vive, sino quasi ai giorni nostri, le tradizioni dell’uso medicamentoso della “papagna” e del rito riparatorio alla “fascinazione” nel mondo contadino. Quanto sono legate queste usanze al mito demetriaco ? La dea greca Demetra, e il suo corrispettivo romano, Cerere, sono legate al simbolismo delle spighe e delle capsule di papavero da oppio, sia nella mitologia che in molte raffigurazioni. Persino una divinità precedente (e correlata anch’essa alla successiva Demetra) scoperta a Gazi, è strettamente legata al papavero: il famoso “idolo” femminile di Gazi è rappresentato con in testa delle capsule di papavero. Cerere e Demetra sono spesso “accompagnate”nelle varie raffigurazioni da spighe, oppio e serpenti.
La pianta del Papaver somniferum è conosciuta nella nostra tradizione popolare come “papagna” della quale ci è pervenuto un utilizzo di tipo medicamentoso nella cultura popolare contadina (calmante e analgesico per adulti e bambini a dosaggi variabili).
Per calmare e far addormentare i bambini irrequieti sino a qualche decennio fa veniva preparato un infuso dal risultato “sicuro” e immediato, fatto con camomilla e uno o due bulbi di Papaver somniferum. Una variante molto utilizzata era il “pupieddu” (o “pupiddu” a seconda del dialetto di provenienza), un succhietto artigianale che prendeva forma di capezzolo attraverso la chiusura in una pezzuola, o un angolo di fazzoletto, dei seguenti ingredienti: mollica di pane, fiori di camomilla, foglie di alloro tritate, semi di papavero da oppio e zucchero (o miele).
L’infuso di “papagna” era utilizzato, ovviamente, anche per curare individui adulti (tosse, insonnia, irrequietezza, ecc.): in questo caso i dosaggi erano maggiori e rapportati alla sintomatologia o ai risultati desiderati….
Insomma vorrà dire forse che le nostre tradizioni siano fortemente accumonate da riti e usanze pagane di un passato remoto? La nostra terra è colma di testimonianze, scoprirle insieme sarà il nostro obiettivo…